Due importanti appuntamenti nelle scorse settimane hanno posto l’attenzione dell’opinione pubblica mondiale sui diritti e il ruolo delle comunità locali a salvaguardia dei polmoni verdi del Pianeta: la Giornata internazionale dei popoli indigeni e il vertice a Belem (Brasile) fra i capi di stato degli otto paesi dell’Amazzonia per individuare strategie contro la deforestazione
Purtroppo spesso minacciati nella loro stessa sopravvivenza e privati dei loro diritti, i popoli indigeni sono considerati i veri “custodi della Terra”, perché da sempre contribuiscono alla conservazione e protezione degli ecosistemi forestali, grazie a saperi e conoscenze tramandati da generazioni. Tre esempi di esperienze – in Vietnam, Canada e Lituania – dimostrano come l’alleanza con le popolazioni indigene e i gestori forestali stia facendo la differenza nella salvaguardia delle aree naturali e nella lotta alla deforestazione e alla crisi climatica.
Il summit degli otto i Paesi della foresta Amazzonica, riuniti in Brasile a Belem per individuare strategie per salvare il polmone verde della Terra, e la Giornata internazionale dei popoli indigeni hanno nuovamente posto l’accento sul legame che unisce le foreste e le comunità native, tant’è vero che il messaggio dei popoli indigeni del Sud America è che “l’Amazzonia è viva e si prende cura di chi la protegge”.
Le foreste sono infatti una parte essenziale della vita di molte comunità indigene, in Asia come in Africa e America, ma anche in Europa. Si calcola che circa 1,6 miliardi di persone nel mondo dipendano per la loro sussistenza dalle foreste; di questi, 60 milioni appartengono a comunità indigene.
“Un rapporto del 2022 della FAO – commenta Giuseppe Bonanno, direttore di FSC Italia – ha confermato che le foreste abitate da comunità indigene coinvolte nella governance del territorio registrano solitamente tassi di deforestazione più bassi anche del 50% rispetto ad altre aree, ospitando popolazioni animali più numerose e in migliore salute”.
FSC Indigenous Foundation
Da sempre impegnato nella promozione della gestione forestale responsabile, il Forest Stewardship Council – ONG presente in oltre 90 Paesi e che include tra i propri soci gestori forestali, organizzazioni non governative ambientali e sociali, rappresentati di organizzazioni o istituzioni – ha promosso nel 2020 la FSC Indigenous Foundation (FSC-IF), un’iniziativa globale, governata da un Consiglio eletto di rappresentanti indigeni di tutto il mondo, per coinvolgere attivamente queste comunità nella gestione. La Fondazione ha recentemente pubblicato la sua Strategia Globale 2023-2027, sviluppata da, con e per le popolazioni indigene perché siano riconosciute quali protagoniste nelle soluzioni a sfide globali come il cambiamento climatico, la perdita di biodiversità, il degrado dell’ecosistema naturale, la desertificazione e la deforestazione.
Esempi positivi di questo contributo delle comunità indigene sono tre diverse esperienze di gestione forestale responsabile, certificata FSC, in Vietnam, Canada e Lituania.
Vietnam
Gli abitanti dei villaggi di Chenh Venh e di Ho, nella provincia di Quang Tri, nel Vietnam centrale, appartengono alla minoranza etnica Van Kieu e vivono nella foresta pluviale, della quale 1.561 ettari hanno ricevuto la certificazione di buona gestione forestale FSC nel Novembre 2021: questa popolazione indigena è diventata così il primo gruppo di piccoli agricoltori del Vietnam a ottenere questo tipo di riconoscimento.
Qui la coltivazione di tre specie di bambù è verificata secondo i criteri FSC per la raccolta sostenibile e la produzione. Il taglio di qualsiasi altra specie di legname è invece severamente vietato.
Il rapporto con le foreste è sacro per il popolo Van Kieu, che ritiene che i propri morti riposino proprio fra gli alberi e offre cibo e incenso alle divinità che risiedono nella foresta, chiedendo la loro benedizione. “Le foreste ci danno cibo, medicine e materiale per costruire le nostre case. Proteggono anche il ruscello che ci fornisce l’acqua per le nostre risaie e per la gente dei villaggi”, afferma Ho Van Chien, capo del comitato per la protezione delle foreste del comune di Chenh Venh. La protezione delle foreste è presa molto sul serio qui, tanto che ci sono programmi di pattugliamento per controllare il benessere degli alberi, anche grazie a un’innovativa applicazione per la gestione forestale che consente alle squadre di pattuglia di caricare dati importanti su flora e fauna in tempo reale.
Diverse comunità in Vietnam stanno prendendo esempio e imparando da queste esperienze, avviandosi verso il percorso di certificazione di altre aree forestali del Paese.
Canada
Quasi 1,7 milioni di persone identificate come First Nations, Metis e Inuit vivono in oltre 600 comunità in tutto il Canada e la stragrande maggioranza dipende dalle foreste per la sicurezza alimentare, le medicine, l’acqua pulita. C’è anche una dipendenza dalle foreste per la fibra di legno, la cui domanda è in aumento in tutto il mondo e che richiede un equilibrio virtuoso tra uso e conservazione.
Nelle foreste boreali di Chapleau (Stato dell’Ontario), questo equilibrio viene raggiunto grazie alla certificazione FSC, con cui si conciliano sostenibilità economica e interessi delle comunità indigene, arrivando anche alla conservazione delle aree per scopi spirituali e culturali. I giovani della tribù di nativi Ojibway si dedicano ad esempio alla raccolta dello sciroppo dalle betulle, collaborando con un’azienda locale di prodotti forestali certificata FSC. È una situazione win-win, che ha permesso inoltre a FSC di sviluppare ulteriormente il concetto del free, prior, informed consent, il diritto specifico al consenso libero, preventivo e informato riconosciuto nella Dichiarazione Onu sui diritti dei popoli indigeni (UNDRIP): in base ad esso, ogni comunità indigena può concedere, rifiutare o ritirare il proprio consenso su progetti e attività che incidono sui propri diritti.
Lituania
Il Parco Regionale del Neris, a trenta minuti d’auto dalla capitale lituana Vilnius, è certificato FSC dal 2004 e offre diecimila ettari di paesaggi unici, siti storici, oltre ad essere il microhabitat per specie in via di estinzione come lo scarabeo eremita. Qui, nella foresta di querce nella valle del fiume Duksta dove vivono tribù baltiche, si erge ancora la più antica e grande foresta di querce della Lituania, che fa parte della rete Natura 2000.
In questo Parco il legno morto è considerato un valore da preservare: almeno il 5% dei tagli che vengono effettuati viene infatti lasciato al suolo per contribuire al mantenimento degli equilibri naturali, ospitando fino a 284 specie di invertebrati, 324 licheni ed essendo legato per questo alla vita di innumerevoli specie di uccelli e mammiferi.
Le comunità locali sono molto legate a queste foreste, sulle quali si tramandano antiche leggende e in cui è possibile ancora oggi vedere le rovine di antichi santuari pagani. Per le tribù baltiche le querce sono infatti sacre: si dice che offrano dimora alle anime degli antenati e a Perkūnas, il dio del tuono. Abbattere una quercia è quindi considerato un grande crimine.