Quali sono le differenze tra le principali tipologie contrattuali nel settore del parquet? Questo articolo esamina le implicazioni giuridiche, i termini per la denuncia dei vizi e le prescrizioni legali, offrendo spunti per una maggiore tutela contrattuale del posatore
Ilaria Rubessi
Nel settore del parquet operano diverse figure professionali, ciascuna con un ruolo specifico: dalla produzione alla rivendita specializzata, passando per architetti e geometri, fino all’impresa edile e al posatore, garantendo così un pavimento in legno di alta qualità per l’utente finale
Ma come vengono regolati i rapporti tra queste figure e l’utente finale, il committente?
Contratto d’opera e contratto d’appalto: la scelta tra le due non è libera
Dal punto di vista giuridico, al fine di prevenire eventuali controversie, è fondamentale regolamentare i rapporti professionali mediante un accordo scritto. Tuttavia, la legge non sempre impone l’adozione di una forma scritta per la validità di un contratto, consentendo, in determinati casi, che l’accordo sia stipulato in forma libera.
È questo il caso delle tipologie contrattuali che interessano maggiormente il settore del parquet: il contratto d’opera e il contratto d’appalto.
Le differenze tra i due contratti non sono marginali, ma prima di esaminarle in dettaglio, è importante fare una premessa: la scelta tra le due tipologie contrattuali non è libera. Le parti, infatti, possono definire il contratto come preferiscono, ma tale denominazione è irrilevante per il giudice, che, analizzando il caso specifico, stabilirà la tipologia contrattuale integrata, con conseguente applicazione della normativa corrispondente.
Le parti, infatti, sono libere di denominare il contratto come ritengono opportuno; tuttavia, tale qualificazione non vincola il giudice, il quale, analizzando il caso concreto, individuerà la tipologia contrattuale effettivamente applicabile, con la conseguente applicazione della relativa normativa
Quali differenze?
Ma in cosa si differenziano questi contratti tra loro? Innanzitutto, i due contratti hanno nel Codice civile due posizioni differenti. Il contratto d’opera è disciplinato dagli artt. 2222 e ss. c.c., mentre il contratto d’appalto dagli artt. 1665 e ss. c.c.
Dalla lettura di tali norme emergono subito chiaramente le differenze esistenti tra i due. Entrambi hanno a oggetto la prestazione di un servizio o di un’opera dietro compenso, ma, mentre nel contratto d’opera il prestatore esegue l’opera prevalentemente con il proprio lavoro, nel contratto d’appalto l’opera è realizzata tramite un’organizzazione aziendale che impiega esclusivamente il lavoro di altri. Pertanto, quando il prestatore d’opera è un lavoratore autonomo o una piccola impresa che si avvale al massimo dell’ausilio di pochi collaboratori, si è di fronte a un contratto d’opera. Al contrario, se l’esecuzione del lavoro è affidata a una media o grande impresa, si configura un contratto d’appalto.
Questa differenziazione è stata recentemente confermata dalla Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 3682 del 9 febbraio 2024, in un caso in cui la corretta qualificazione contrattuale era fondamentale per stabilire la decorrenza del termine di prescrizione, che varia a seconda della tipologia contrattuale.
Vizi e difformità
Infatti, ai sensi dell’art. 1667 c.c., nel contratto d’appalto, il committente deve denunciare i vizi e le difformità non gravi entro 60 giorni dalla scoperta, e i vizi gravi, riguardanti beni immobili, entro un anno. Diversamente, nel contratto d’opera, l’art. 2226 c.c. prevede che i vizi occulti devono essere denunciati entro 8 giorni dalla scoperta.
I termini di prescrizione
Anche i termini di prescrizione per intraprendere azioni legali contro il prestatore d’opera differiscono nelle due tipologie contrattuali: nel contratto d’appalto il termine è di due anni dalla consegna, salvo per i vizi gravi su beni immobili, per cui il termine è ridotto a un anno, nel contratto d’opera invece la prescrizione è sempre annuale.
Tutto quanto appena esposto vale anche nel caso in cui il prestatore, oltre ad impegnarsi a realizzare l’opera, venda anche il materiale necessario, salvo che la vendita non sia prevalente rispetto alla prestazione di posa in opera. Se così dovesse essere, allora si verrebbero a creare due distinti contratti: uno di vendita e uno d’appalto/d’opera.
Clausole di salvaguardia?
Una volta chiarito che la distinzione tra contratto d’opera e contratto d’appalto non è una scelta libera delle parti, ciò non esclude la possibilità di tutelarsi e di adattare le condizioni contrattuali nel rispetto della normativa vigente.
Questo può avvenire attraverso la redazione di contratti personalizzati, con l’inserimento di clausole specifiche di salvaguardia. Qualche spunto lo troverete nei prossimi articoli!
L’autrice
Dottoressa Ilaria Rubessi, praticante avvocato del Foro di Bergamo, laureata in Giurisprudenza all’Università Bocconi di Milano.
Per domande inerenti questa o altre tematiche legali da rivolgere alla dottoressa Rubessi, potete scrivere una mail alla nostra redazione: info@iloveparquet.com