La scala organica


Nel grattacielo Amot Atrium di Tel Aviv, questo elemento scultoreo, in American tulipwood, si piega e si intreccia su se stesso, introducendo una dimensione di fluidità nello spazioso atrio dell’edificio.

Il geometrico grattacielo Amot Atrium, firmato dal noto architetto Moshe Zur, si trova nel Diamond Exchange, quartiere israeliano in forte espansione. L’edificio cattura immediatamente lo sguardo dei visitatori che giungono in città, grazie alla sua facciata dinamica e dai dettagli intensi. Con i suoi 158 metri d’altezza e i 38 piani di uffici commerciali, il grattacielo di vetro è stato insignito della certificazione LEED Platino, la più importante del suo genere in Israele. Ciascuno dei suoi 43 piani comprende due ali che circondano un ascensore centrale, visibile dall’esterno.

L’atrio, situato sul lato nord, si estende per l’intera altezza dell’edificio, permettendo una quantità controllata di luce naturale di filtrare all’interno delle lobby dei vari piani. Grazie a queste caratteristiche architettoniche, i visitatori possono godere di un’esperienza visiva entusiasmante sia quando attendono l’ascensore, sia mentre raggiungono il piano desiderato. Inoltre, la visibilità dell’ascensore in movimento rende la facciata del grattacielo dinamica anche da una prospettiva esterna. La sequenza geometrica che svela l’atrio nella parte inferiore dell’edificio continua fino ai piani più alti. L’atrio stesso assume dunque una dimensione volumetrica quasi indipendente all’interno della costruzione, creando una formazione geometrica davvero unica.

Un tornado in legno

All’ingresso del grattacielo, si erge la straordinaria scala scultorea in American tulipwood. L’edificio stesso deve il suo nome alla magnifica hall d’ingresso progettata dall’architetto Oded Halaf, che ha avuto l’idea visionaria di costruire una scala ispirata alla forma di un tornado; un pezzo scultoreo capace di conferire dinamicità e fascino all’atrio ortogonale su quattro piani incorniciato da pareti in vetro.

Halaf ha voluto anche che la scala fosse priva di sostegni visibili, un compito complesso e apparentemente impossibile che doveva necessariamente essere affidato a un esperto in possesso del giusto mix di competenze, esperienza e creatività.

Halaf ha commissionato il progetto a Tomer Gelfand, un maestro artigiano con un’ampia esperienza nella progettazione di complesse strutture in legno, acciaio inossidabile e vetro. In soli 18 mesi a partire dalla presentazione della bozza iniziale, Gelfand è riuscito a eseguire, supervisionare e portare a compimento tutte le fasi della realizzazione del progetto, tramutando in realtà il sogno di Halaf.

La struttura della scala si compone di due elementi intrecciati: lo scheletro in metallo e l’involucro scultoreo in legno. Insieme, entrambe le componenti si elevano nella forma di un tornado, che si sviluppa dall’area dalla reception al piano terra fino al primo piano mezzanino, quattordici metri più in alto.

Il banco della reception è stato immaginato come il punto di partenza della scultura a spirale, ed è stato pertanto realizzato con la medesima qualità di tuliper che caratterizza le ringhiere della scala. Per riuscirci, Gelfand ha ideato un sistema di profili continui in legno dall’aspetto fluido e flessibile ma dall’elevata rigidezza e stabilità.

Un progetto complesso

Il processo di realizzazione dell’opera ha richiesto innanzitutto l’implementazione di una sorta di scansione dello scheletro (simile a un esame diagnostico), tagliando la scala verticalmente e generando una serie di sezioni orizzontali lungo il profilo in legno. Il numero di sezioni trasversali così ottenute, tutte esportate con requisiti radiali differenti, ha dato luogo a un numero di archi apparentemente infinito. Per poterli gestire, Gelfand ha identificato i cosiddetti “archi maestri” calcolando la tolleranza media alla curvatura del profilo di legno, la quale ha determinato a sua volta il raggio e l’angolo degli “archi maestri” stessi.

Il passo successivo ha visto invece la creazione dei profili radiali a partire dal materiale stesso: un totale di 9.000 metri lineari di tulipwood è stato sottoposto a taglio con macchina a controllo numerico per ottenere la massa legnosa da utilizzare per gli “archi maestri“; ciascun arco è stato successivamente codificato e contrassegnato per consentire una composizione accurata della struttura generale.

Il risultato finale incapsula il paradosso del moderno processo creativo: ciò che a prima vista appare come un progetto artistico nato da uno schizzo manuale è in realtà il prodotto di complesse elaborazioni algoritmiche e dell’unione di innumerevoli pezzi intercambiabili. Una struttura che sembra aver preso forma in maniera del tutto arbitraria ma che è anzi il risultato del lavoro dei nuovi artisti della tecnologia contemporanea.

L’American tulipwood

Questo legno è stato selezionato per il progetto sia da Halaf che da Gelfand, in quanto rispondeva ai requisiti dell’opera in termini di colore. Altri fattori presi in considerazione durante la scelta del materiale sono stati il costo, le prestazioni e il grado di lavorabilità del legno. Nel progetto sono stati impiegati un totale di 120 metri cubi di tulipwood, messi a disposizione da fornitori locali. Secondo Gelfand, i colori che caratterizzano il tulipwood appena tagliato avrebbero rischiato di compromettere il design uniforme della struttura. Per salvaguardare l’uniformità dell’opera, è stata quindi selezionata una palette di 12 tonalità medie di tulipwood, poi applicata ai moduli.

American Hardwood Export Council

AHEC è l’associazione che rappresenta a livello internazionale l’industria statunitense del legno di latifoglia; ne fanno parte gli esportatori di legno di latifoglia americano e le principali associazioni commerciali di categoria degli Stati Uniti. AHEC è all’avanguardia nella promozione del legno da oltre 25 anni, sviluppando con successo un marchio distintivo e creativo per i legni di latifoglia americani.

www.americanhardwood.org