Questione di chimica


Confessioni, racconti e progetti di Mr. Vermeister

Silvano Arzuffi, dal 1997 anni assieme al fratello Marco alla guida del gruppo chimico Vermeister, è un manager pacato e riservato, alla vecchia maniera. Quando gli è possibile, schiva volentieri le luci della ribalta per rimanere concentrato sul business e sul coordinamento del suo team. In quest’intervista esclusiva, però, si è tolto giacca e cravatta per parlarci un po’ di sé.

Dici Arzuffi e pensi a Vermeister. Ma chi è veramente Silvano Arzuffi? Provi a descriversi in poche parole…

Fin da piccolo ho riconosciuto in me la capacità di cavarmela, in qualunque contesto. Questa caratteristica mi ha accompagnato in tutte le fasi della mia vita e la considero una grande fortuna. Mi ritengo un tipo generoso, forse troppo. Mi son trovato in diverse occasioni a pagare di persona per aver voluto aiutare gli altri ma è più forte di me, quando vedo qualcuno in difficoltà devo intervenire. Tendo a curarmi più di chi mi sta intorno che di me stesso e forse un pizzico di egoismo mi migliorerebbe. Sono molto caparbio, se mi prefiggo qualcosa devo riuscirci. Questa qualità unita al mio senso della misura mi porta a non fare mai il passo più lungo della gamba. A livello imprenditoriale mi riconosco un grosso limite, credo legato alla tutela della mia integrità morale: non riesco a scendere a compromessi per interesse. Fossi stato più spregiudicato, preferisco utilizzare questo aggettivo, avrei sicuramente avuto più successo. Sono molto legato alla famiglia e ai valori dell’amicizia. Amo la privacy, non ho profili personali sui social network. Ai riflettori puntati preferisco mantenere un profilo basso“.

Come nasce il suo alter ego, Vermeister?

Erano gli anni Settanta, tempi assai diversi da oggi, tempi di crescita e di speranze. Mio papà, uomo dalla spiccata estrazione chimica, in gioventù era impiegato come tecnico per un’importante società di resine. La sua tenacia e combattività lo hanno portato a sacrificare le notti, continuando a svolgere il suo lavoro di giorno con la precisione di sempre, per qualcosa di suo, creato con le proprie mani. Credeva fortemente nella specializzazione e trovò nella chimica applicata al pavimento in legno la possibilità di realizzare il suo sogno. Nel 1975 fondava Vermeister. Il primo stabilimento fu aperto a Petosino in un piccolo spazio di 200 mq, dove in principio non c’era neanche un muletto. Pensate che per svuotare i fusti di resina si usava un rudimentale piano inclinato fatto con assi di legno su cui si facevano rotolare i bidoni fino all’altezza utile allo svuotamento, che avveniva in un secchio. Io e mio fratello spesso ci divertiamo a ripensare a questi aneddoti… e ne abbiamo davvero tanti“.

Beh, a questo punto siamo curiosi: ce ne racconti un altro.

Agli inizi, i mezzi erano pochi, come detto non essendoci un carrello elevatore o un qualsiasi altro tipo di sollevatore, la fase di scarico delle materie prime era davvero rudimentale. Arrivavano le resine in fusti da 200 Kg e per scaricarli dal camion si facevano rotolare su un vecchio pneumatico da autotreno posizionato sotto la sponda. Accadde una volta che un fusto rimbalzò e fini sul piede di mio papà con conseguente frattura dell’alluce. Se pensiamo alla sicurezza sul lavoro di quegli anni vengono i brividi ma allora era così, ed era bello“.

Perché proprio quel nome, Vermeister. Da dove nasce?

In realtà è un nome di fantasia: ‘Meister’ dava a mio papà l’immagine di qualcosa di altisonante a cui aggiunse il prefisso ‘Ver’ per evocare il suo pallino: le vernici“.

Ha “ereditato” qualcos’altro da suo padre?

Sin da ragazzo mi ha trasmesso la passione per il suo lavoro, di cui spesso parlava in casa. Vedevo i sacrifici e ho imparato a dare alle cose il giusto valore. La mia vera formazione è stata quella: l’esperienza sul campo e l’istruzione di un padre severo e rigoroso, austero e di poche parole, ma dalla mentalità aperta e lungimirante. Vedeva che ciò che facevo era buono, e via via mi diede fiducia“.

L’imprenditore era il lavoro che voleva fare da bambino?

A dire il vero non saprei cosa rispondere. Io credo che mio papà avesse un preciso disegno. Orientò mio fratello Marco a studi tecnici industriali, nella chimica, e indirizzò me a studi tecnico-commerciali. Di fatto non fummo obbligati a quelle scelte ma – lo dico col sorriso – ritengo che ci sia stata una sorta di ‘manipolazione’ perché le cose prendessero questo corso. E così, uno a seguire la parte tecnica, mio fratello, e uno dritto in ufficio, io“.

Come è stato il suo approccio al management aziendale?

C’è sempre qualcuno che pensa che ci siamo ritrovati tutto fatto. In pochi conoscono la storia di condivisione di fatiche e sacrifici che c’è dietro. Un ‘ufficio’ che inizialmente non era altro che un grezzo prefabbricato esterno, i lavori più umili… E mai una volta che arrivasse qualche agio o una qualsiasi forma di favoritismo. Mi sono dato da fare ovunque ce n’era bisogno. In questo modo, e io e mio fratello lo capiamo solo oggi, abbiamo assorbito di quest’azienda il vero DNA, sviluppando una conoscenza trasversale che definirei fondamentale“.

Ci dice una cosa che la fa davvero arrabbiare, che la manda fuori dai gangheri?

Quando viene messa in dubbio la mia parola. Chi mi conosce bene lo può confermare: è qualcosa a cui do più valore di un documento scritto. Non mi spendo in false promesse se anche ho il minimo dubbio di non poterle realizzare, piuttosto mi mordo la lingua e sto zitto. Ma se mi spendo, faccio di tutto per tenere fede al mio impegno. La parola per me conta molto e allo stesso modo non sopporto chi dà una parola e non la mantiene“.

Per par condicio, una cosa che invece la mette di buon umore.

Qualsiasi buona notizia. Come dico sempre, il mio ufficio in Vermeister dovrebbe avere una targa all’esterno con scritto ‘Problem solving’. Le buone notizie fanno parte della routine aziendale, per fortuna, quindi da me non arrivano, mentre le seccature, quelle sono sempre puntualissime“.

In questo percorso, che tra un ricordo e l’altro ci ha descritto, c’è qualcosa che la rende particolarmente orgoglioso?

Non c’è un traguardo in particolare. Da quando sono in azienda continuiamo a lavorare con passione e a intraprendere grosse sfide. Finiamo un progetto e ne iniziamo un altro. È faticoso, ma ci gratifica perché posso dire che siamo sempre riusciti a realizzare i nostri obiettivi. Vado fiero nel vedere che l’eredità di principi e valori lasciata dal papà non è andata dispersa, ma, anzi, è stata davvero messa a frutto. Siamo due fratelli che vanno d’amore e d’accordo. La fiducia che riponiamo ciecamente l’uno nell’altro ci permette di continuare con entusiasmo quanto iniziato tanti anni fa. Ecco, ritengo sia questo il successo che più mi rende orgoglioso“.

Nel tempo libero a cosa le piace dedicarsi?

Il tempo libero dalla vita aziendale è chiaramente poco. L’ho sempre impegnato praticando sport. La passione per lo star bene mi ha portato anche ad aprire un bellissimo club di fitness & wellness, che possiedo tuttora anche se lo frequento poco. Da un paio d’anni ho scoperto il mondo del running ed è diventato un aspetto imprescindibile. Appena posso mi infilo le scarpe ed esco a correre. Anche quando viaggio per lavoro, le scarpette sono la prima cosa che metto in valigia. Mi piace per lo più correre da solo. E’ un momento personale dove posso portare con me solo i pensieri che voglio, senza interferenze. Un’attività con cui riesco a far spazio nella mente e talvolta sviluppare idee nuove. Ormai fa parte del mio quotidiano. Come nel lavoro anche nello sport non si avanza senza nuovi obiettivi, e la determinazione è nella mia natura. Così mi impegno a migliorarmi sempre, con metodo e dedizione“.

Le capita mai di coinvolgere in questa passione anche i suoi dipendenti?

Certamente, lo sport in Vermeister è molto sentito. Ci dividiamo in due nutriti gruppi: i tennisti, di cui mio fratello ne è l’interprete principale, e i runners. Lo considero un’aggregante molto potente, che porta buona parte della nostra forza lavoro a condividere tanti momenti anche al di fuori della vita aziendale. Un valore aggiunto allo spirito di coesione che caratterizza il nostro fantastico team“.

Altre passioni?

Se trovo il tempo, mi piace anche leggere. Prediligo libri in lingua inglese, John Grisham il mio autore preferito“.

Si parla molto di digitalizzazione e di un mondo che sta cambiando a una velocità pazzesca proprio sotto ai nostri occhi. Come interpreta lei il concetto di competitività?

Essere competitivi, dal mio punto di vista, significa sapersi differenziare. Le caratteristiche distintive di un’azienda rispetto alla concorrenza sono i punti di forza da difendere e su cui lavorare. Possiamo parlare di prodotto o del servizio che abbia delle caratteristiche che lo rendono unico rispetto quello dei concorrenti. Esistono diversi tipi di strategia che un’azienda può mettere in atto. Si può, ad esempio, voler entrare in un mercato nuovo, diversificando la produzione, per aumentare vendite o ricavi“.

È quello che ha messo in pratica con Vermeister?

No! Noi abbiamo fatto una precisa scelta di campo. Dal 1975 ci occupiamo solo ed esclusivamente di pavimenti in legno. Questa dedizione unita all’esperienza ci permette oggi di essere vero punto di riferimento in materia di trattamento e di manutenzione del parquet. Vermeister, senza distrazioni per altri segmenti, è rimasta sempre ferma e concentrata su un solo ‘argomento’, dando così un valore aggiunto al proprio ‘expertise’. Tutti i nostri investimenti sono stati rivolti al pavimento in legno e le nostre conoscenze hanno avuto modo di svilupparsi più velocemente. Il fatto che siamo presenti in oltre 60 paesi nel mondo, tra cui anche Cina, Australia e Stati Uniti, mercati assai difficili, viene di conseguenza. Ma è il legno la nostra caratteristica distintiva, il pavimento in legno, la nostra vocazione“.

Quali sono secondo lei le principali difficoltà del settore?

Beh, qui non basterebbero le pagine di un libro. Il nostro settore paga lo scotto di essere legato mani e piedi al mondo dell’edilizia, di cui ben conosciamo tutte le difficoltà dell’ultimo decennio. Oggi le cose stanno migliorando ma credo ci sia ancora molto da fare. Spiace notare che questi rallentamenti abbiano caratterizzato quasi esclusivamente il mercato italiano“.

Lei come li ha superati?

In Vermeister abbiamo da tempo messo in atto precise strategie di sviluppo su mercati esteri che ci hanno dato modo di crescere molto più di quanto ci avrebbe permesso il mercato interno. Ci tengo tuttavia a sottolineare il fatto che, pur in un decennio in cui le cifre in Italia sono state negative, Vermeister ha registrato un dato positivo anche nel mercato domestico, in ragione proprio di quanto spiegato prima“.

C’è un prodotto che considera più centrale di altri nella vostra offerta?

Più che di un prodotto parlerei di un’idea. Vermeister ormai da anni è sempre più impegnata nella ricerca e nello sviluppo di soluzioni rispettose della natura, della salute dell’applicatore e di chi vive gli spazi in cui vengono applicate. Zero Concept, ad esempio, è una gamma a ridotto impatto ambientale e dall’esiguo contenuto di composti organici volatili, formulati con materie prime rinnovabili, in grado di offrire notevolmente superiori. Ogni articolo di questa linea garantisce un elevato comfort abitativo e contribuisce al benessere quotidiano coniugando il valore estetico con la naturalezza delle materie prime. Siamo poi stati pionieri nel mondo per quanto riguarda i pavimenti in legno a formulare un prodotto per il trattamento del pavimento in legno, esente da emissioni che, oltre ad a rispondere a tutti gli standard qualitativi del caso, è il massimo in termini di rispetto delle persone e dell’ambiente. Grazie a questo spirito innovativo Vermeister ha potuto accedere alla prestigiosa Super Compliant Architectural Coatings Manufactures List, che raggruppa le case che hanno saputo formulare un prodotto rispondente ai più severi criteri di valutazione, in conformità con l’americana Rule 1113. Ecco su cosa puntiamo“.

E in questo futuro così incerto come pensa di muoversi?

Continuando così. Con la passione di sempre, la professionalità, la qualità e la modestia, insegnamenti ricevuti da chi ci ha preceduto nonché filosofia dell’azienda. Siamo una squadra che lavora e si impegna molto. Desideriamo fare del nostro meglio con l’umiltà di chi sa di avere sempre qualcosa da imparare. In questo modo guadagniamo stima e fiducia, fondamenti del successo raggiunto in questi anni da un’equipe vincente“.

di Davide Vernich