Il legno è “human friendly”?


Federica Fiorellini

Il bello di questo mestiere è che impari ogni giorno cose nuove. Devi tenere le antenne drizzate, aver voglia di ascoltare e lasciare la mente libera di percorrere strade laterali. Ma poi impari.

Lo scoglio più grande, nel mio caso, è la pigrizia.

Sono pigra. Pigra e solitaria direi, il mio posto del cuore è la scrivania di casa (che poi è un vecchio tavolo da cucina in legno). Mi salvano la curiosità e un po’ di disciplina. Curiosità e disciplina che mi hanno fatto accettare, qualche settimana fa, l’invito di Gaetano Milizia, responsabile EdilegnoArredo per Federlegno: “Vorremmo invitarti a un convegno che si terrà a Mestre venerdì prossimo. Discuteremo di comfort e benessere abitativo come aspetti fondamentali della sostenibilità. Credo che potrebbe interessarti”.

Era il primo, caldo, venerdì pomeriggio di luglio; dopo aver passato in rassegna (come da mio copione personale) un lungo elenco di deterrenti, ho accettato.

La cosa più interessante che ho imparato a Mestre è che l’applicazione delle neuroscienze (ma anche dell’antropologia, della biologia, della psicologia) al mondo del progetto è una realtà. Una realtà in divenire, ma sempre più “raffinata”. Me lo ha insegnato Alessandro Longo, Senior Architect di Lombardini22. Un architetto rigeneratore si definisce, quello che ho colto di lui è un approccio gentile, appassionato e sincero alla professione (magari su uno dei prossimi numeri gli propongo un’intervista). Longo ci ha raccontato di come Lombardini22, attraverso le neuroscienze, studi da anni l’influenza dell’ambiente costruito sulle nostre emozioni, con l’obiettivo di migliorare gli spazi che progetta.

Mi si è aperto un mondo. Sembra un concetto da poco, ma non è banale.

Perché uno spazio ci fa star bene e un altro, per esempio, ci fa stancare? Quali variabili entrano in gioco: forme, colori, spazi, materiali?

Ho scoperto, facendo un po’ di zapping sul web, che nel 2019 il CNR ha avviato un progetto di ricerca proprio Insieme a Lombardini22 (i cui esiti sono stati pubblicati sui Proceedings of the National Academy of Sciences), per indagare come lo spazio architettonico influenza i processi cerebrali degli esseri umani.

L’espressione “sentirsi a casa” racconta le emozioni che proviamo nel luogo in cui viviamo: ma se oggi è possibile analizzare “scientificamente” queste emozioni, perché non tentiamo di studiare (insieme a CNR?) l’influenza del legno su di esse? Ci proviamo? Ne trarrebbe vantaggio tutta la filiera del legno-arredo.