Ce l’ho con: la burocrazia degli istituti di credito


Elia Bolzan, titolare Friulparchet.

In questo particolare momento che ci ha colpiti indistintamente, e chissà fin quando ne dovremo pagare le conseguenze, credo che non sia poi così difficile dire con chi può avercela un imprenditore.

La nostra azienda è alla soglia dei 100 anni di attività e devo dire che ne abbiamo viste parecchie, ma non come ciò che ha scaturito il Covid-19.

Non ci fa paura affrontare la problematica sanitaria e mettere in atto tutte le precauzioni per la tutela della salute di tutti noi e dei nostri collaboratori, ma quello che ci mette in ansia e in particolare allarme è la crisi economica che si sta ripercuotendo sulle imprese italiane.

È notizia di Confindustria di alcuni giorni fa che a Bergamo oltre il 50% della aziende, come anche nel resto della Lombardia, è a rischio di chiusura. Nemmeno il resto dell’Italia se la sta passando meglio ed è ridicolo continuare a ignorarlo. Se andremo avanti così, con manovre a sostegno dell’esistente più che del rilancio, la crisi non vedrà una soluzione a breve e ci ritroveremo prima di fine anno con l’economia allo sfascio.

Tutti ci siamo sicuramente chiesti cosa si può fare per risollevare il mercato e tutelare le nostre aziende. Parecchi sono speranzosi di trovare negli istituti di credito la risposta. Ma ci crediamo davvero? Oggigiorno, e sicuramente adesso questo si rafforzerà, è entrato in funzione quella sorta di “termo scanner” finanziario che, attraverso una serie di tabelle di screening, effettua la prima valutazione dello stato di salute della società da finanziare, in cui la parola resiliente (tanto abusata nell’ultimo periodo) serve a identificare le realtà più capaci di esprimere qualità performanti. E se non verrai inserito in quella categoria a nulla potranno valere le garanzie concesse dallo Stato e la tua tanto agognata possibilità di rilancio se ne andrà a farsi benedire, assieme agli aiuti governativi.

Una volta, con i direttori degli istituti di credito era sufficiente guardarsi negli occhi e questo era valido per capire chi avevano di fronte, la voglia di fare dell’imprenditore e la sua vision.

Parecchi anni fa, nel 1904, un italo-americano di nome Amedeo Peter Giannini fondò un impero che assunse poi il nome di Bank of America, la più grande banca del mondo. Durante tutta la sua vita Giannini ha operato cercando di credere nelle esigenze dei più deboli e i risultati gli hanno dato ragione. È chiaro che, in particolare in questo determinato momento, mancando la possibilità di relazionarsi con gli istituti di credito, se le aziende verranno valutate con i concetti pre-virus, ancora imbrigliati purtroppo in percorsi altamente farraginosi e ostativi, rimane il fatto che se possiedi vieni finanziato, mentre se non hai nulla, no.

Noi come imprenditori ci chiediamo: perché tanto accanimento burocratico prima di rilasciare le previste agevolazioni, quando per alcuni tipi di finanziamento c’è il totale avvallo dello Stato? Sarebbe auspicabile, allo scopo di rilanciare l’economia e le nostre aziende, che si mettesse in atto un accorciamento dei processi deliberativi. Forse siamo solo noi imprenditori che siamo abituati a “correre” e prendere decisioni veloci, forse a volte rischiando, ma solo così siamo riusciti a costruire quelle industrie che ancor oggi fanno grande il mercato, nel nostro caso del parquet, e fare conoscere il prodotto italiano nel mondo.

Eliza Bolzan