La formaldeide nel legno grezzo


Una particolarità importante di questa sostanza è la sua “ubiquitarietà”: la si può trovare davvero ovunque. Gli studi Catas.

Mi sono spesso occupato di formaldeide e su di essa ho anche scritto molti articoli tecnici e informativi, ma forse non mi sono mai soffermato su una particolarità assai importante di questa sostanza, che riguarda la sua “ubiquitarietà“.

Ma qual è il significato del termine ubiquitario e cosa c’entra con la formaldeide?

Ubiquitario significa semplicemente “essere presente ovunque” e la formaldeide ha davvero la caratteristica di poter essere ritrovata un po’ dappertutto.

Forse non è così noto, per esempio, che la formaldeide è una delle sostanze più diffuse negli immensi spazi interstellari dell’universo, ma è stata anche rilevata nelle atmosfere di alcuni pianeti prossimi alla Terra come Venere e Marte.

Guardando un po’ più vicino a noi, possiamo scoprire che la formaldeide si forma facilmente nei comuni processi di combustione e alcuni studi testimoniano la sua specifica formazione all’interno delle foreste di conifere per effetto di reazioni fotochimiche che coinvolgono alcuni composti a base terpenica emessi dagli stessi alberi.

Ma l’ubiquitarietà della formaldeide è ancor più ampia se pensiamo che è addirittura presente dentro di noi, essendo un sottoprodotto di alcuni processi metabolici del nostro organismo.

Seppure in bassissime concentrazioni la formaldeide la ritroviamo dunque persino all’interno delle nostre cellule e nel nostro stesso sangue.

Formaldeide e legno massiccio

Anche il legno massiccio contiene formaldeide, seppure in quantità assai ridotta, ma la formaldeide di origine naturale è comunque rilevabile e misurabile in tutti i materiali a base legnosa. Sono stati compiuti diversi studi a questo proposito i quali hanno consentito di comprendere innanzitutto che la formaldeide si forma dai principali componenti del legno (la cellulosa, l’emicellulosa e la lignina), nonché dai suoi estrattivi.

Le concentrazioni rilevabili variano in funzione della specie legnosa considerata e di diversi altri fattori che comprendono, ad esempio, la temperatura dei processi di essiccazione, i tempi di tali processi e i contenuti di umidità iniziale e finale del legno.

La quantità di formaldeide misurabile nel legno massiccio è anche influenzata dal tempo trascorso tra l’essiccazione e la misura, nonché dalle condizioni di stoccaggio intermedie.

Negli studi sopra accennati le misurazioni sono state effettuate sia in termini di contenuto (misura effettuata con il metodo del perforatore ISO 12460-5) sia come emissione misurata alla camera (EN 717-1).

Nella tabella che correda questo articolo riportiamo i valori rilevati da alcuni degli studi menzionati realizzati su varie specie legnose dopo essiccazione. Sono stati qui riportati i valori minimi e massimi pubblicati riferendoli alle due famiglie legnose, ovvero le conifere e le latifoglie.

I dati risultanti sono certamente molto bassi considerando, ad esempio, che il limite per la classe E1, obbligatoria per legge in Italia è pari a 0,1 ppm alla camera e 8 mg/100 g al perforatore.

Conifere, latifoglie e legno termotrattato

Un ulteriore spunto di riflessione riguarda la tendenziale maggior presenza di formaldeide nelle conifere piuttosto che nelle latifoglie sebbene in letteratura esistano anche dati contradditori a tal proposito. Tale variabilità è probabilmente imputabile all’influenza dei molteplici fattori sopra menzionati, nonché all’incertezza di misura dei metodi di prova adottati su valori estremamente bassi.

Alcune ricerche effettuate dal Catas testimoniano inoltre come il legno termotrattato denoti tendenzialmente un’emissione di formaldeide superiore rispetto al legno non trattato per effetto, ragionevolmente, del degrado termico di alcuni dei suoi componenti, che portano anche alla formazione di formaldeide insieme a quella di altre sostanze volatili.

Il legno non può essere “formaldehyde free” (ma va bene così)

In conclusione, l’ubiquitarietà della formaldeide, tema di questo articolo, riguarda pertanto anche il legno, al cui interno può essere pertanto ritrovata naturalmente, indipendentemente dai processi industriali a cui il legno stesso può essere successivamente sottoposto. Questa constatazione impone evidentemente delle riflessioni in riferimento alla sua pericolosità e alla sua conseguente limitazione.

Per quanto abbiamo sopra riportato, infatti, non si può richiedere o pretendere che un certo materiale non contenga formaldeide o, in altre parole, che il suo contenuto sia pari a zero.

Tali pretese non potrebbero essere evidentemente soddisfatte dai prodotti a base legnosa, stante il contenuto di formaldeide di origine naturale di cui abbiamo precedentemente parlato.

Anche certi slogan come “formaldehyde free” dovrebbero essere considerati con molta attenzione sia per la loro effettiva veridicità, ma anche e soprattutto per non esasperare questo tema che potrebbe produrre dei riflessi negativi per tutta la filiera del legno e dell’arredo.

Alla lunga, infatti, il mercato potrebbe essere portato a considerare la naturale presenza di formaldeide nel legno grezzo come un fattore negativo nel confronto con altri materiali a discapito quindi di tutti i prodotti del nostro comparto.

di Franco Bulian

Bibliografia

– B. Meyer, C. Boehme, Formaldehyde emission from solid wood, Forest Prod. 47, 45–48, 1997.
– M. Shafer, E. Roffael, On the forlaldehyde release of wood, Holz als Roh und Werkstoff 58, 259-264, Springer Verlag, 2000.
– W. Choi, I. C. Faloona, N. C. Bouvier-Brown, M. McKay, A. H. Goldstein, J. Mao, W. H. Brune, B. W. LaFranchi, R. C. Cohen, G. M. Wolfe, J. A. Thornton, D. M. Sonnenfroh, and D. B. Millet, Observations of elevated formaldehyde over a forest canopy suggest missing sources from rapid oxidation of arboreal hydrocarbons, Atmos. Chem. Phys., 10, 8761-8781, 2010 www.atmos-chem-phys.net.
– M. Böhm, M. Z.M. Salem, J. Srba, Formaldehyde emission monitoring from a variety of solid wood, plywood, blockboard and flooring products manufactured for building and furnishing materials, Journal of Hazardous Materials 221-222, 2012.