Il pavimento storico in legno


Il legno è stato senza dubbio uno dei primi materiali a cui l’architettura si è rivolta. E non a caso. L’autore ci propone un interessante e inedito viaggio alle origini del parquet antico, manufatto che è a tutti gli effetti un bene culturale.

Nell’evoluzione dei pavimenti di legno, i parquet di maggiore interesse artistico e storico sono i parquet a pannelli decorativi. Questi comparvero per la prima volta in Francia, nella prima metà del 1600. I pannelli erano inizialmente composti da elementi in legno massiccio collegati con incastri a “tenone e mortasa“.

Con lo sviluppo della tecnica dell’intarsio i pannelli diventarono a due strati: lo strato inferiore, solitamente in larice o abete, aveva la funzione di supporto dello strato superiore, formato da cartelle di diverse specie legnose che, opportunamente tagliate e composte, davano origine ai decori, principalmente a motivi geometrici o floreali.

Nella realizzazione dei parquet artistici la colla aveva un ruolo fondamentale. La più utilizzata era la colla forte, prodotta dalla pelle di bovino, mentre nella finitura i prodotti più usati erano olio e cera. La realizzazione dei pannelli avveniva con l’uso di strumenti a mano quali seghe, pialle, incorsatoi e raschietti, mentre per la lavorazione delle tarsie si ricorreva al traforo, generalmente azionato da un pedale.

Parquet “alla Serlio”, parquet Versailles e Chantilly

Gli storici dell’arredo di interni, in particolare quelli inglesi, ritengono che il parquet a pannelli decorativi siano di ispirazione italiana, perché se ne trovano le prime tracce nelle traduzioni fatte su opere di Andrea Palladio e Sebastiano Serlio.

Inizialmente questo tipo di pavimentazione, detto “alla Serlio“, era composto da un insieme di listelli disposti in diagonale entro pannelli quadrangolari, con funzione strutturale, studiato per formare un nuovo tipo di pavimento con funzione portante di solaio.

È plausibile pensare che il “parquet Versailles” costituisca una rielaborazione del solaio di Serlio, rivista in chiave decorativa. Fu proprio questa tipologia di pannelli (descritta da Pierre Bullet nel suo “Architecture pratique”, del 1691), che ebbe maggiormente diffusione agli inizi e che storicamente ha mantenuto un ruolo di grande importanza.

Bullet descrive i pannelli formati da 16 o 20 quadrati inseriti in un reticolo di elementi che potevano essere disposti in senso parallelo o a 45 gradi rispetto alla cornice del pannello.

I pannelli con il reticolo disposto diagonalmente rispetto alla cornice, tuttora chiamati parquet Versailles, ebbero maggior diffusione rispetto a quelli con il reticolo parallelo al bordo, definiti parquet Chantilly.

Dell’Arte del legnaiuolo

Nel 1769 è V. S. L. Roubo, nel suo trattato “dell’Arte del legnaiuolo”, a spiegare dettagliatamente la tecnica di posa e a stabilire definitivamente che il parquet vero e proprio è quello “per assemblage” a pannelli preparati in bottega e poi messi in opera.

Secondo le sue descrizioni, i pannelli decorativi misuravano di lato dai 3 ai 4 piedi (indicativamente da 1 a 1,3 m), mentre lo spessore variava da 2,5 a 5 cm.

La posa dei pannelli decorativi

La preparazione del fondo per la posa consisteva nella stesura di uno stato di magatelli ricoperti da gesso, sopra al quale erano fissati dei travetti. Sopra ai travetti, posti ortogonalmente, erano fissati altri magatelli di 3 pollici di lato (circa 7,5 cm) con un interasse consigliato di un piede (32 cm circa). Questi ultimi sostenevano i pannelli che venivano a essi inchiodati. All’interno della stanza i pannelli potevano essere posti con i lati paralleli alle pareti oppure, tecnica che divenne maggiormente applicata, disponendoli a 45 gradi.

Per la posa si procedeva tracciando una linea mediana al centro della stanza, solitamente partendo dal centro del camino; in seguito si stabiliva un’altra linea perpendicolare alla prima per determinare il centro della stanza in cui si poneva il primo pannello.

Spesso i pannelli Chantilly erano posati alternati a quelli Versailles, che meglio si armonizzavano con l’impianto architettonico degli edifici.

Parquet Soubise e parquet Aremberg

Altre tipologie di pannelli di uso comune erano il parquet Soubise, sostanzialmente uguale al Versailles ma composto solamente da quattro quadrati centrali e il parquet Aremberg composto da 4 quadri centrali inseriti in una cornice quadrata posta a 45 gradi rispetto ai bordi del primo e a sua volta contenuta a 45 gradi nel pannello. Come i precedenti, le dimensioni dei pannelli erano influenzate da quelle della stanza, ma normalmente erano di tre piedi (96 cm).

Parquet a intarsi

Le prime notizie registrate dell’uso dell’intarsio applicato ai pavimenti in legno risalgono al secondo decennio del Seicento, periodo in cui Maria de’ Medici, per il pavimento storico in legno del palazzo parigino detto “del Lussemburgo“, impiegò maestranze subalpine per gli impianti a motivi figurativi.

Come era stato nel Seicento, anche nel secolo successivo in Francia l’uso del parquet intarsiato restava prerogativa di stanze di dimensioni contenute, mentre nel resto delle abitazioni, negli ambienti pubblici e di maggiori dimensioni si utilizzava il parquet a pannelli decorativi.

Inizialmente la tecnica dell’intarsio prevedeva che le tarsie create venissero incollate direttamente a esistente. La tipologia decorativa principalmente diffusa consisteva nella realizzazione di un rosone centrale, per lo più con decori floreali, dal quale si estendevano delle forme a raggio, geometria che sfruttava l’alternarsi di legni chiari e scuri disposti in elementi quadrangolari.

Studiando i testi dell’epoca emerge chiaramente come gli artigiani dell’epoca, prevalentemente in Francia e Inghilterra, fossero ben attenti alle condizioni ambientali in cui andavano a realizzare i pavimenti. Spesso, specie su applicazioni al piano terra, creavano delle intercapedini al di sotto dei pavimenti, prevalentemente con l’uso di travi in castagno, per assicurare una continua aereazione e limitare il ristagno di umidità.

Il restauro

Il pavimento storico in legno è a tutti gli effetti un bene culturale – come stabilito dal “Codice dei beni culturali e del paesaggio” (D. Lgs. n.42 del 22 gennaio 2004) – e, in quanto tale, è parte integrante di un edificio e richiede una particolare cautela a chi lo “maneggia” o lo restaura. Per esempio, è fondamentale mantenere specifiche condizioni termo-igrometriche negli ambienti, visto il degradamento di tipo fisico cui il pavimento storico in legno va incontro. Si tratta, insomma di interventi particolari, la cui peculiarità è la difficoltà di utilizzo degli ambienti durante tutte le fasi del restauro

Un caso pratico: la galleria d’arte di proprietà del Conte Cicogna Mozzoni Milano

La galleria d’arte di proprietà del Conte Cicogna Mozzoni a Milano è un edificio risalente alla metà del 1800 i cui pavimenti lignei sono stati oggetto di restauro, da me curato, nel 2015. Il parquet – a pannelli decorativi con motivi ornamentali geometrici. – versava in uno stato di semiabbandono, in parte deteriorato da alcune infiltrazioni d’acqua dai serramenti.

Il restauro è stato svolto seguendo le direttive della norma UNI 11161, che indica le linee guida essenziali per la realizzazione degli interventi su beni culturali in legno.

Dopo gli opportuni rilevamenti, sono stati sostituiti gli elementi deteriorati, è stata rimossa la vecchia finitura e infine è stata fatta una finitura a olio e cera a caldo. L’efficacia dell’intervento sarà assicurata da periodici sopralluoghi.

di Fabio Braga